L’ENIGMA DI OMERO

Dal libro di Silvana Zanella, ENIGMA – La preghiera al Padre tra retorica e cosmologia, la soluzione di un altro famoso enigma del passato.

L’ENIGMA DI OMERO

Un altro antichissimo enigma è quello conosciuto come l’Enigma di Omero, che fu citato da Eraclito, Aristotele e poi da Plotino.

La tradizione racconta che proprio Omero, l’autore dell’Iliade e dell’Odissea, si sia suicidato per disperazione non essendo riuscito a risolverlo.

Il poeta aveva chiesto a un gruppo di giovani pescatori dell’isola di Ios, rientrati da una sfortunata battuta di pesca, cosa avessero preso. Questi risposero:

Abbiamo lasciato quello che abbiamo preso;

quello che non abbiamo preso ce lo portiamo appresso.

La risposta era così enigmatica che lasciò interdetto l’insigne poeta, il quale si arrovellò a lungo, ma senza venirne a capo.

A noi attraverso i secoli è stata tramandata questa soluzione: i pescatori si erano accorti di aver preso solamente dei parassiti, i pidocchi.

La risposta però è sempre apparsa poco convincente, perché in effetti non spiega chiaramente cosa avessero lasciato i pescatori in mare o cosa avessero in effetti preso.

I pidocchi erano certamente i parassiti più comuni, ma ritengo che il gioco possa ruotare sull’ambiguità della parola pidocchi. Pochi infatti sanno che φθείρες,  i pidocchi, aveva anche il significato di pesci pidocchio.

Aristotele nella sua Historia animalium (4,10,4 ; 5,31,8) ci dice che i pidocchi di mare erano dei pesci, molto simili alle remore, che si attaccavano alla chiglia delle navi con la loro ventosa. Anticamente si credeva fossero addirittura capaci di fermare una nave. Erano quindi considerati parassiti delle imbarcazioni.

Ciò rivela una nuova possibilità di soluzione dell’enigma.

I poveri pescatori avevano i pidocchi tra le vesti quando erano partiti, e se li erano riportati a casa anche dopo la pesca, “quello che non abbiamo preso ce lo portiamo appresso”.

Mentre avevano pescato nelle loro reti solo pesci pidocchio, e quelli li avevano ributtati in mare perché non sono commestibili, “abbiamo lasciato quello che abbiamo preso”.

Quindi avevano pescato solo inutili pidocchi di mare o pesci pidocchio.

L’enigma gioca sul doppio significato da attribuite alla parola pidocchio. Si tratta di un doppio senso basato sull’omonimia, e secondo Aristotele proprio questa aiuterebbe gli autori a lavorare d’ingegno.

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Avendo trovato la soluzione dell’enigma, questo potrebbe apparire semplicemente un bel gioco enigmistico, ben congegnato, ma non diverso dai tanti giochi basati sul double entendre che troviamo anche oggi nei periodici di enigmistica.

Se così fosse, però, non ci spiegheremmo perché ci sia stato tramandato dall’antichità con tanta cura, tanto da essere giunto fino a noi dopo 2500 anni.

In realtà, gli enigmi antichi, al di là del gioco letterario, contenevano dei profondi messaggi etici, di cui si tramandava il messaggio alle generazioni future.

La morale dell’Enigma di Omero, non si trova nella risposta dei pescatori, ma nella domanda posta loro dal poeta.

Nel Certame di Omero e di Esiodo (cap. 18) l’autore anonimo racconta, infatti, come il grande poeta avesse interpellato gli sfortunati pescatori con questa domanda:

O pescatori che venite dall’Arcadia, cosa portate a riva?

La domanda ad un esame attento appare strana. Perché il poeta sottolinea il luogo di provenienza dei pescatori? L’Arcadia.

Questa regione dell’antica Grecia, infatti, non aveva sbocchi sul mare. La domanda quindi suona come se oggi dicessimo: O pescatori che venite dalla Valle d’Aosta, cosa avete pescato?

La domanda del poeta era carica d’ironia: Come potete pretendere di saper pescare? Voi che non sapete neppure cosa sia il mare! Per forza non avete preso nulla!

Omero metteva in dubbio che i giovani sapessero fare il loro mestiere. Perciò i pescatori mettono a loro volta alla prova il famoso poeta proprio sul suo stesso terreno, la poesia, rispondendogli con un enigma in esametri. E dimostrando al presuntuoso autore di non essere solo degli incolti montanari.

Il poeta, sconfitto, muore, dando ragione alla profezia che la Pizia gli aveva rivelato molti anni prima (cap. 5):

Patria di tua madre è l’isola di Ios, che, dopo la morte, ti accoglierà,

ma tu sta molto attento all’enigma di giovani ragazzi.

Attento Omero al troppo orgoglio! Il poeta muore per aver abusato della sua bravura e della sua fama per umiliare i poveri pescatori.

Morale:

Gli dei puniscono chi s’inorgoglisce troppo dei doni meravigliosi che essi elargiscono agli uomini.